Dalla Werkschulen di Colonia a Vinci per amore di Leonardo. Un gemellaggio nel nome dell’arte e dell’amicizia

Negli anni Sessanta e Settanta Vinci divenne una meta ambita per gli allievi della Werkschulen, che arrivavano da Colonia per approfondire gli studi d’arte.

Negli anni Sessanta e Settanta Vinci divenne una meta ambita per gli allievi della Werkschulen, che arrivavano da Colonia per approfondire gli studi d’arte.

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In molte famiglie e case vinciane è facile ancora notare appesi alle pareti disegni, stampe o litografie dedicate a Vinci e al suo territorio, opere a firme talvolta illeggibili. Sono il ricordo di un’amicizia sorta negli fra gli anni Sessanta e gli anni Settanta tra i vinciani e i giovani studenti tedeschi, che ogni anno venivano nel paese di Leonardo per uno speciale corso estivo, immergendosi nella natura e nel paesaggio toscano. Alcuni di questi giovani sono diventanti artisti di un certo rilievo non soltanto nel loro paese. Le tracce che hanno lasciato a Vinci sono tuttavia ormai indecifrabili nel nome e il loro valore è determinato esclusivamente dal dono dell’amicizia.

Nel maggio 1962 arrivavano a Vinci per un fuori studio, in “compagnia della natura”, i primi dodici giovani studenti della prestigiosa Werkschulen di Colonia, l’antichissima scuola di artigianato fondata nel 1879, la più grande della Repubblica Federale Tedesca, all’epoca dotata di 18 sezioni, con circa 500 allievi suddivisi per varie aree di insegnamento (architettura, scultura, pittura, disegno, arti grafiche, ecc.). L’idea dello stage era nata in modo casuale. Si deve a Wilhelm Teuwen, il loro maestro di pittura sul vetro, famoso per le vetrate della cattedrale di Colonia. Nell’estate del 1960, un gruppo di studenti della Werkschulen era stato in vacanza a Roma. Dietro suggerimento di Teuwen aveva fatto tappa nel nostro paese per visitare la casa natale di Leonardo. Quel gruppo di giovani ricevette un’inattesa quanto calorosa accoglienza da parte dei cittadini e del sindaco Cesarino Allegri. Il direttore Renzo Cianchi fece loro da guida al Museo Leonardiano, regalando a tutti le monete coniate con l’antica pressa di Leonardo. Il fascino del paesaggio e la cordialità genuina dei vinciani resero possibile in soli due anni la realizzazione di un progetto che consentì ai ragazzi di Colonia di immergersi nella splendida campagna che aveva assistito alla nascita e alla fanciullezza di Leonardo.

Il 5 maggio 1962 arrivò da Empoli la corriera con a bordo il primo gruppo di allievi, guidato e seguito da Teuwen. Dopo tre settimane circa giunse il secondo gruppo con il Georg Roth, poi il terzo e il quarto accompagnati dai docenti Otto H. Gerster e Anton Wolff: Vinci fu letteralmente invasa per l’intera estate da questi talentuosi ragazzi, che portarono una ventata di novità nel nome dell’arte. A fare gli onori di casa erano ancora una volta Renzo Cianchi e Salvatore Ciattini, amico di Teuwen. A rendere i soggiorni interessanti contribuirono la Pro Loco di Vinci grazie alla maestra Wanda Gandi, il parroco, don Emilio Fulignati e tutta la popolazione. Inoltre, Leonardo Berni dedicò alla Scuola di Colonia numerosi articoli sulle pagine de “La Nazione”. I giovani con i loro insegnanti alloggiavano nell’unica pensione del paese, l’albergo-ristorante “Leonardo”, ossia da Pancino, dal soprannome del proprietario Mario Pacetti, che si fece apprezzare per la sua cucina. Il professor Friedrich Vondemberge, direttore dell’istituto, a nome della città di Colonia, offrì un ricevimento in onore delle autorità cittadine.
Gli studenti, muniti di cavalletti, tele e pennelli, giravano la campagna e il borgo, attirando la curiosità dei paesani e dei contadini: indossavano larghi cappelli di paglia, portavano grandi ombrelli per ripararsi dal sole, disegnavano tutto il giorno instancabilmente.

Estasiati dall’intensità della luce, cosa totalmente nuova per loro, si innamoravano di un olivo, di un campo di papaveri, di una vecchia casa. Non c’era angolo di Vinci e dintorni che non fosse immortalato. Si divertivano anche a fare ritratti alle persone che, dopo un po’ di ritrosia, accettavano volentieri di fare da modelli. I pittori erano cordiali con tutti. Ben presto riuscirono ad accattivarsi la simpatia non solo dei coetanei, che strinsero amicizia con loro e iniziarono a imitarli nell’abbigliamento, ma anche di molti anziani di mentalità più antiquata. Alla sera il punto d’incontro Vinci-Colonia era il bar “Da Maso”, gestito da Tommaso Morelli, un grande appassionato di pittura. Si beveva, si cantava, si parlava e, nonostante la scarsissima conoscenza delle rispettive lingue, c’era un’intesa perfetta e tanta allegria. Al momento della partenza ogni gruppo aveva la consuetudine di allestire una piccola festa d’addio nel giardino della pensione, a lume di candela, rallegrata da canzoni popolari tedesche e innaffiata con buon vino e vinsanto. Poi si ripiombava nella monotonia e ai ragazzi di Vinci non restava altro che aspettare l’estate successiva.

Il soggiorno studio si è ripetuto con successo per ben oltre venti anni. A seguito delle varie riforme dell’istruzione, i settori della Werkuschulen sono stati accorpati a specifici istituti o università, ma i nostri studenti non hanno dimenticato né i luoghi, né le persone conosciute e, infatti, molti sono tornati a farci visita e alcuni hanno acquistato case per le vacanze.
Chi è stato contagiato più di tutti dall’amore per la nostra terra è l’architetto Peter Teuwen, figlio del maestro Wilhelm, che nel 1972 ha ristrutturato in maniera egregia, nel rispetto dell’ambiente, un vecchio mulino nei pressi di Vinci, dove ha trascorso le estati con la famiglia e dove risiede stabilmente con la moglie Elisabeth da ben sedici anni.
Ancora oggi in molte case e nel bar di Stoppa, il figlio di Maso, a testimonianza di quei giorni indimenticabili, restano molti disegni e acquerelli in cui i ragazzi di Colonia hanno impresso l’amore per Vinci e per Leonardo: forse alcuni potrebbero essere opere di artisti famosi, comunque per noi manterranno sempre il valore inestimabile dell’amicizia.
Chissà se un giorno potrà ripetersi questa meravigliosa esperienza.


Tiziana Berni
Questo articolo è stato pubblicato su Orizzonti nel numero di marzo-aprile 2017

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