Gli ‘Omini boni’ 2019 e Alexander Langer, dalla comunicazione interculturale alla conversione ecologica

Ancora su Langer, sul suo pensiero e sul suo lascito, dopo la premiazione del 30 novembre sul palco del Teatro della Misericordia a Vinci.

Ancora su Langer, sul suo pensiero e sul suo lascito, dopo la premiazione del 30 novembre sul palco del Teatro della Misericordia a Vinci.

La Fondazione Alexander Langer di Bolzano sarà ospite degli Omini Boni, Premio per la Comunicazione 2019 (Teatro di Vinci, 30 novembre ore 21.15), manifestazione patrocinata anche da Orizzonti.
La Commissione, presieduta dal giornalista Mauro Banchini, ha fatto una scelta all’apparenza difficile, anticonvenzionale. Il pensiero di Alexander Langer (1946­-1995) che la Fondazione, costituita dagli amici subito dopo la sua tragica morte avvenuta venticinque anni fa, vuol fare conoscere e promuovere è invece più attuale che mai, soprattutto in un momento storico in cui i giovani di tutto il mondo sembrano riconoscersi e incontrarsi sui temi legati all’ambiente e alla salvaguardia del pianeta (la sedicenne Greta Thunberg è la loro paladina). Eppure, di questi temi Alex, come si faceva familiarmente chiamare, è stato un precursore. Qualcuno l’ha definito addirittura un profeta, seppure il suo impegno non sia stato sempre compreso appieno. Ha vissuto invece tutte le contraddizioni, gli umori, i contrasti politici e sociali della seconda parte del Novecento.

Il padre era di origini ebree; ha studiato presso i francescani di Bolzano (con una vocazione religiosa repressa in famiglia); è stato protagonista della vita culturale, fin da giovane, nel suo Sudtirolo e poi di quella vivacissima Firenze degli anni Sessanta, dove ha studiato e si è laureato nel 1968 con il prof. Paolo Barile presso la Facoltà di Giurisprudenza; un protagonista sia della contestazione studentesca, che di quella “ecclesiale”, vivendo i primi anni del post Concilio Vaticano II in particolare all’Isolotto, ma anche in rapporto con don Lorenzo Milani nel 1967, più tardi con il padre scolopio Ernesto Balducci.
Rientrato a Bolzano, nel novembre 1968, viene subito denunciato per un volantino antimilitarista. Nel 1972 si laurea nella Facoltà di Sociologia di Trento, dove insegna negli anni ’80. È stato per un certo periodo anche direttore del giornale Lotta Continua. Nel maggio 1995 gli viene negata la candidatura a sindaco di Bolzano per il rifiuto di dichiarare “l’appartenenza etnica”.

Al di là delle brevi note biografiche, la capacità “profetica” del pensiero di Alexander Langer, espresso in molti libri, saggi e articoli sia in lingua italiana che tedesca, è insita in due tematiche oggi riassumibili nei termini di conversione ecologica e convivenza interetnica, temi assai ricorrenti nell’odierno dibattito ecologico e della comunicazione interculturale.
Oltre trent’anni fa ha teorizzato ed elaborato il concetto di conversione ecologica, ovvero l’idea di un cambiamento di atteggiamento etico verso l’universo e il nostro pianeta, dettato da mutamenti di stili di vita che non possono nascere dall’imposizione della legge, ma da qualcosa che viene dal profondo dell’uomo e diventa condivisione sociale. Un concetto che corrisponde a quanto affermato nella recente enciclica di Papa Francesco (“Laudato si’”), che indirizza i redenti verso una visione del creato come casa dell’uomo. Il “costruttore di ponti”, come si definisce Alexander Langer, anticipa la “strategia dei ponti” di Jorge Mario Bergoglio. Il primo scrive: “Sul mio ponte si transita in entrambe le direzioni, e sono contento di poter contribuire a far circolare idee e persone“; il secondo si rivolge in un famoso discorso ai giovani scout nel 2015: «Abbiate capacità di dialogo con la società, mi raccomando: capacità di dialogo! Fare ponti, fare ponti in questa società, dove c’e l’abitudine di fare muri: voi fate ponti per favore».
Con questa grande apertura (dettata anche dalla curiosità e dal desiderio di sapere) verso culture etniche diverse, partendo dalla propria esperienza personale, comprese quelle provenienti dall’area sociale cosiddetta radicale, dall’impegno cristiano e religioso, dalle nuove spiritualità, da aree non conformiste e originali, arriva a teorizzare un movimento dei Verdi europei, con una vocazione tuttavia globale (se vuoi difendere il pianeta è evidente che il concetto di etnia non abbia più senso) politicamente trasversale, nella convinzione che l’ecologia abbia bisogno soprattutto di una dimensione spirituale e di valori profondi.

I due temi apparentemente distanti, ecologia e comunicazione interculturale, con Alex interagiscono. Per cui, se da un punto di vista teorico il suo capolavoro è il cosiddetto “Decalogo sulla convivenza”, che in ambito europeo si tradurrebbe in una Europa fondata sul dialogo tra i popoli, peculiare e distintivo resta il suo motto: “lentius, profundius, suavius” (“più lentamente, più profondamente, più dolcemente”), in contrapposizione al motto olimpico “citius, altius, fortius” (“più veloce, più alto, più forte”), una regola di vita su cui intende motivare la propria conversione ecologica e il pensiero pacifista a confronto di quel ritmo incessante di una società dei consumi, tesa a traguardi produttivi sempre più alti, magari a discapito dei valori della persona umana e dei beni naturali comuni.

Il suo invito oggi sarebbe quello di non lasciarsi incantare dalla manifestazione di grido, ma costruire i “ponti” tramite il dialogo tra i popoli (i giovani dell’Europa e del mondo), e una nuova coscienza, ecologica e pacifista; vivere slow (altro termine oggi di moda, basti pensare a espressioni come slow food per dire mangiare lento e consapevole, o travel slow, per significare il cammino come forma di conoscenza), in altri termini vivere lentamente e pacificamente il nostro pianeta. Magari cominciando dalle cose più semplici, come insegnare ai nostri bambini le leggi della Natura, Maestra dei Maestri nello spirito e pensiero leonardiano, in modo genuino e pertanto contagioso, come nella lezione dei primi di ottobre tenuta da una guida ambientale sulla terrazza della Biblioteca Leonardiana.
E un piccolo omaggio ai giovani ecologisti che oggi invadono le nostre piazze, ricordando a loro e a noi stessi che la vera conversione ecologista è soprattutto nelle menti e nei cuori, studiando e imparando per essere migliori, non soltanto nelle manifestazioni o nella richiesta di nuove leggi.


Nicola Baronti
Questo articolo è stato pubblicato su Orizzonti, numero 121 di ottobre 2019

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